mercoledì 23 novembre 2011

Economia del dono e popoli primitivi (prima parte)

Certi di sollevare un polverone, vogliamo pubblicare un appello che 600 autori ed editori hanno sottoscritto a luglio per chiedere maggior tutela del diritto d'autore in rete.

Spiegherò il titolo nel prossimo post, intanto aspetto i vostri commenti...


1. Perché il diritto d’autore, che fuori dalla rete è riconosciuto, in rete non deve essere remunerato?

2. Perché coloro che criticano il provvedimento Agcom non criticano anzitutto il furto della proprietà intellettuale? Perché impedire la messa in rete di proprietà intellettuale acquisita illegalmente dovrebbe essere considerata una forma di censura?

3. Perché dovrebbe risultare ingiusto colpire chi illegalmente sfrutta il lavoro degli altri?

4. Perché si ritiene giusto pagare la connessione della rete, che non è mai gratis, ed ingiusto pagare i contenuti? E perché non ci si chiede cosa sarebbe la rete senza i contenuti?

5. Perché il diritto all’equo compenso viene strumentalmente, da alcuni, chiamato tassa? Perché non sono chiamate tasse i compensi di medici, ingegneri, avvocati, meccanici, idraulici, ecc.?

6. Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo?

7. Perché nessuno si chiede a tutela di quali interessi si vuole creare questa contrapposizione (che semplicemente non esiste) tra autori e produttori di contenuti e utenti?

8. Perché dovremmo essere contro la libertà dei consumatori? Ma quale libertà? Quella di scegliere cosa acquistare ad un prezzo equo o quella di usufruirne gratis (free syndrome) solo perché qualcuno che l’ha “rubata” te la mette a disposizione?

9. Perché nessuno dice che l’industria della cultura occupa in Italia quasi mezzo milione di lavoratori e le società “over the top” al massimo qualche decina? E perché chi accusa l’industria culturale di essere in grave ritardo sulla offerta legale di contenuti, poi vuole sottrarci quelle risorse necessarie per continuare a lavorare e dare lavoro e per investire sulle nuove tecnologie e sul futuro?

10.Perché, secondo alcuni, non abbiamo il diritto di difendere il frutto del nostro lavoro, non possiamo avere pari dignità e dobbiamo continuare a essere “ figli di un Dio minore”?

2 commenti:

  1. Sono d'accordo con tutti e 10 i punti sopracitati, e cerco di intravedere una soluzione. Dunque, nella nostra societa' consumistica, siamo abituati a pagare cio' che per noi rappresenta un servizio o un bene di cui abbiamo bisogno. Anche il download musicale potrebbe essere per noi altrettanto indispensabile, se cio' allieta il nostro quotidiano, o una festa di compleanno, o un documentario. Ma se la musica che andiamo ad ascoltare e' solo una curiosita' passeggera, e' difficile mettere le mani nel portafoglio. Propongo quindi una soluzione technicamente realizzabile. Tutta la musica continua ad essere liberamente disponibile su Internet, ma con una qualita' ridotta, adatta solo per un ascolto superficiale. Nel momento in cui diventiamo legati emotivamente ad un brano, ecco che potremmo accedere alla versione Hi-Fi, pagando una ragionevole cifra con carta di credito. Ovvero, la QUALITA' sonora diventa il servizio per il quale siamo disposti a pagare. Forse cio' rappresenterebbe un compromesso accettabile a tutti. Che ne dite?

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  2. Grazie a Musanalyst per la sua Interessante proposta, non so se realizzabile tecnicamente... Comunque il punto principale a mio avviso resta sempre culturale, non è facile far entrare nella testa del fruitore di internet che i contenuti sono il cuore della rete, e che chi produce contenuti ha diritto ad essere tutelato e remunerato...

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